Morning call - 15 dicembre. FED hawkish ma il mercato scrolla le spalle.
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Ma veniamo ora a quello che è successo ieri con la conferenza di Powell.
FED hawkish ma il mercato scrolla le spalle.
Ieri è stato il giorno di Powell. Si voleva fosse hawkish per contenere i rialzi del mercato e lo è stato. Nulla di inaspettato. C’è qualcosa di nuovo che abbiamo appreso dalla conference e dai nuovi dot-plots?
Vediamo innanzitutto i fatti.
La FED ha alzato di 50 basis points come era ampiamente nelle attese. I dot.plot, le previsioni riguardo ai tassi futuri dei membri della FED, sono più alti rispetto a quelle di settembre. Anche questo era già più o meno risaputo. Le aspettative di crescita dell’economia sono state ridotte allo 0.5% nel 2023 e all’1.6% nel 2024. Il tasso di disoccupazione è visto crescere al 4.6% alla fine del 2023.
Anche Powell ha reiterato i concetti di tassi finali più alti e più a lungo anche se ha velatamente lasciato intendere che i prossimi rialzi potrebbero essere da 25bp.
Per quanto riguarda l’inflazione ha ammesso miglioramenti per quanto riguarda i beni di consumo, ha detto che il costo degli affitti è ancora cresciuto ma ci sono segnali dall’economia reale che anche questa dinamica potrebbe rallentare mentre ha espresso preoccupazione per tutta quella parte detta “non housing related services” dove un mercato del lavoro ancora estremamente forte alimenta pressioni al rialzo sui prezzi.
Che cosa ricaviamo quindi da tutto questo? Possiamo davvero prestare attenzione al fatto che i dot.plots delle previsioni per i prossimi anni siano più alti quando fino a non molto tempo fa prevedevano tassi invariati e vicini allo zero praticamente per tutto il 2022 nel quale abbiamo invece visto 425 bp di rialzo?
Ciò che sicuramente ne ricaviamo è il fatto che, anche di fronte ad eventuali ulteriori ribassi dell’inflazione, la banca centrale si ostinerà a mantenere i tassi ad un livello elevato anche in presenza di un marcato rallentamento economico.
Per quanto sarà mantenuto questo atteggiamento della FED? Credo che in uno scenario del genere entrerebbero in gioco considerazioni di ordine politico. L’intervento di Powell si è aperto con questa frase: “I would like to underscore for the American people that we understand the hardship that high inflation is causing”. Il resto della conferenza si potrebbe riassumere nel senso che a queste difficoltà ora si pensa di aggiungere quelle della perdita di posti di lavoro e di un’economia che va in recessione.
Potrebbe trattarsi di un male necessario per salvaguardare la credibilità della FED nel lungo periodo ma certamente dal punto di vista politico si tratta di una posizione difficilmente sostenibile per un lungo periodo da un’amministrazione democratica. Il fatto quindi che la FED mantenga un atteggiamento restrittivo in presenza di un’economia che va in recessione è sostenibile per qualche mese, diciamo 3-6 mesi.
Il mercato ha infatti reagito alla conference sostanzialmente con una stretta di spalle. I rendimenti del 2 anni treasury sono saliti di 2 basis points, il dollaro è rimasto praticamente sui minimi recenti. L’area 4000 dell’indice S&P 500 ha agito da magnete con probabilmente un gran numero di opzioni con strike a quel livello. È probabile che rimarremo per un po’ nel range 3900/4100.
Una sfumatura interessante è arrivata proprio alla fine della conferenza. Dopo aver prestato molta attenzione a suonare assolutamente hawkish per tutta la conferenza Powell ha avuto una sbavatura importante. Ad una domanda di un giornalista che ha chiesto se si poteva in qualche modo pensare ad un inflation target più elevato del 2% Powell ha prima risposto che il target rimaneva assolutamente fissato al 2% per poi però aggiungere “but may be a longer run project at some point”, segno che è comunque un tema che è stato dibattuto all’interno della FED.
Se guardiamo al grande schema delle cose, un’inflazione relativamente sostenuta è l’unico modo che abbiamo per uscire dal vicolo cieco di un’enorme mole di debito globale in cui ci siamo infilati. Certo, le banche centrali non devono assolutamente perdere la credibilità. Tanto meno possono sponsorizzare apertamente un’inflazione che pesa soprattutto sulle classi più disagiate ma è anche piuttosto anacronistico pensare che non siano pronte a convivere per un po’ di tempo con un’inflazione moderatamente sopra il target preferendo invece puntare verso una spirale di recessione e deflazione.