Morning call - 21 Novembre
Preoccupazioni dalla Cina per l’annuncio delle prime morti per Covid da sei mesi a questa parte
Il primo ostacolo ad ulteriori rialzi è proprio la posizione della FED che non vuole un allentamento delle condizioni finanziarie
Petrolio ancora sotto quota 80 dollari sulla scia delle notizie che arrivano dalla Cina e per motivazioni tecniche legate al mercato futures
Gli indici riaprono la settimana appesantiti dalle notizie che arrivano dalla Cina e che parlano dei primi morti per Covid da sei mesi a questa parte che fanno temere che le speranze della scorsa settimana per un reopening dell’economia fossero eccessive. Dollaro al rialzo e Hang Seng in ribasso del 2.5%. In ogni caso, non dobbiamo aspettarci dalla Cina una negazione delle politiche di tolleranza zero contro il Covid e chiusure selettive sono ancora probabili di tanto in tanto. Le scorse settimane avevano visto un recupero di circa il 50% dell’indice delle azioni cinesi quotate a New York dai minimi di ottobre e la presentazione da parte di Pechino di misure piuttosto rilevanti per sostenere il settore immobiliare.
La scorsa settimana è apparso abbastanza evidente come la FED non vedesse di buon occhio un ulteriore rialzo degli indici azionari. Dunque, almeno finché non vi siano evidenti e confermati segnali di rallentamento dell’inflazione, dobbiamo aspettarci una FED più hawkish in occasione di ogni recupero. Bullard, la scorsa settimana, ha parlato di un tasso terminale tra il 5 e il 7%. Nel fine settimana è arrivata la posizione un po’ più moderata di Bostic che ha parlato di rialzi più graduali e di un rialzo ulteriore di non più dell’1%. È evidente che, all’interno del board della FED, come anche a livello politico, cominceranno ad emergere sensibilità diverse riguardo alla restrizione necessaria e ai costi che l’economia sarà chiamata a pagare. Questo soprattutto una volta che la disoccupazione avrà cominciato a salire.
Il problema per i mercati, in questo momento, è che il più falco è proprio il numero uno della FED. Attesa quindi per il discorso dello stesso Powell al Brookings Institute il 30 novembre nel quale vorrà probabilmente ribadire in prima persona che per il momento non vi è nessun “pivot” della politica monetaria. Questo il link.
Le minute dell’ultimo meeting della FED saranno invece rilasciate mercoledì. Il mercato ne vorrà ricavare ulteriori informazioni sul dibattito in seno alla FED. In questo momento l’opzione più probabile rimane un rialzo da 50bp a dicembre e un certo rallentamento della restrizione.
Le notizie provenienti dalla Cina hanno messo ulteriore pressione al prezzo del petrolio che la scorsa settimana si era riportato sotto quota 80 dollari per quanto riguarda il WTI.
Per la prima volta da molto tempo il primo contratto futures è passato in contango, circostanza questa poco compatibile con situazioni di tensioni dal lato dell’offerta. È probabile che questo abbia a che fare anche con motivazioni di natura tecnica. Si è parlato del fatto che il guasto di un importante oleodotto statunitense abbia aumentato la richiesta di stoccaggio a Cushing, Oklaoma. Questo ha un impatto sul prezzo dei futures a breve per i quali la consegna è prevista proprio a Cushing. Probabile anche che le voci di riapertura dell’economia cinese abbiano favorito la creazione posizioni speculative lunghe
sul petrolio che sono state poi liquidate ai primi rumor di nuovi casi di Covid. Ci avviciniamo comunque ai livelli (l’area 72/73 dollari) dove l’amministrazione statunitense ha detto di voler ricostituire le scorte strategiche consumate per contenere i prezzi nei mesi scorsi. È probabile che a quel livello il mercato trovi un supporto.
Questa mattina PPI tedesco sensibilmente sotto le attese (+34.5% YoY vs +41.5% atteso) soprattutto grazie al calo dei prezzi dell’energia
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Oggi inizia la discussione delle misure della manovra finanziaria italiana. Il leit motiv sembra comunque quello della prudenza dal punto di vista della sostenibilità di bilancio che ha spinto lo spread sotto quota 190bp. Già la Gran Bretagna la scorsa settimana era tornata ad una politica fiscale che potremmo a tutti gli effetti definire restrittiva. È ora probabile che anche altri paesi debbano seguire l’esempio britannico. Del resto, se si è deciso di rallentare l’economia per raffreddare l’inflazione, sarebbe una sorta di controsenso lasciare alla sola politica monetaria il compito una restrizione che rischia di minare la stabilità finanziaria quando dall’altra parte si continua con politiche fiscali espansive. In futuro, è quindi probabile un maggior coordinamento tra politica monetaria e fiscale.