Tre macro temi per il 2025
Buongiorno,
non si è verificato il tanto atteso rally di Natale ma Wall Street aveva già anticipato i rialzi nelle settimane che sono seguite alle elezioni presidenziali.
Per questo inizio 2025 ci sono 3 grandi temi a livello macroeconomico:
Come sarà implementato il programma di Trump?
Sappiamo già che i pilastri delle politiche economiche e sociali della nuova amministrazione saranno:
Tariffe alle importazioni
Lotta all’immigrazione irregolare
Riduzione delle tasse per i corporates
Deregolamentazione
L’effetto sui mercati finanziari dipende però dalla modalità e dalle tempistiche con cui questi punti programmatici saranno implementati.
E’ probabile che, dopo l’insediamento di Trump del 20 gennaio, si cominci con una serie di ordini esecutivi su tariffe e immigrazione. L’anticipazione di questi provvedimenti manterrà i mercati volatili a gennaio.
Si è parlato molto dell’effetto inflattivo delle tariffe ma il maggior effetto nel medio lungo periodo rischia di essere quello di un freno alla crescita globale.
Per quanto riguarda invece la lotta all’immigrazione, l’effetto dovrebbe essere quello di una rinnovata pressione al rialzo sui salari per il venir meno di parte dell’offerta di lavoro meno specializzata.
Per quanto riguarda il taglio delle tasse, il processo rischia di essere più lungo perché è necessaria l’approvazione del Congresso.
L’effetto di medio lungo periodo delle politiche di Trump dovrebbe comunque essere positivo per la crescita economica, soprattutto grazie a ribassi delle tasse e alla deregolamentazione di alcuni settori. Come evidenziato sopra, rimangono però ancora molti interrogativi riguardo alle modalità di implementazione del programma.
Cosa farà l’Europa per evitare una completa marginalizzazione politica ed economica?
L’elezione di Trump ha fatto deflagrare i problemi europei, sia dal punto di vista economico sia da quello politico.
La mancanza di una chiara strategia politica e industriale comune ha trascinato l'economia di molti paesi europei in uno stato di stagnazione. Questo è particolarmente vero per la Germania, un tempo motore della crescita europea.
La situazione rischia di peggiorare ancora con l’amministrazione Trump. Questa potrebbe avere un atteggiamento aggressivo, volto ad aumentare ulteriormente la subordinazione dell’Europa. Trump ha già minacciato nuove tariffe e ha chiaramente chiesto all'Europa di acquistare più petrolio e gas statunitensi e di aumentare le spese per la difesa.
L'unica nota positiva è che sta maturando in Europa la consapevolezza dell'urgenza di uscire da questo stato di cose per evitare una completa marginalizzazione.
C'è un certo consenso attorno alle raccomandazioni del cosiddetto "Rapporto Draghi" che, tra le altre cose, invoca un tentativo di ridurre il divario nel campo dell’innovazione tecnologica rispetto agli Stati Uniti attraverso investimenti in ricerca e sviluppo e sostenendo la creazione di "campioni europei" capaci di competere con le principali aziende statunitensi e cinesi.
Il rapporto richiede circa 800 miliardi di investimenti annuali per sostenere la competitività e raccomanda la creazione di un mercato dei capitali in Europa più integrato, efficiente e competitivo.
Alla fine, quella di un aumento degli stimoli fiscali, aggirando i paletti dei vincoli di bilancio attraverso l’individuazione di aree strategiche comuni di spesa, rappresenta probabilmente l’unica via percorribile per l’Europa. Per quanto i mercati azionari europei, potrebbero beneficiare di valutazioni che ora scontano lo scenario peggiore.
Come affronterà la Cina i suoi problemi legati al settore immobiliare e ai consumi privati?
I consumi privati cinesi sono rimasti stagnanti dopo la pandemia, mentre la crisi immobiliare si è aggravata anche sotto il peso di una dinamica demografica che si va facendo via via più sfavorevole.
La banca centrale ha continuato a introdurre stimoli monetari, ma queste misure non si sono rivelate molto efficaci poiché il problema principale è la mancanza di domanda di credito.
Ora il mercato chiede maggiori stimoli fiscali che possano migliorare il potere d'acquisto delle famiglie. Non è nella cultura di cinese mettere soldi nelle tasche dei cittadini come è stato fatto negli Stati Uniti dopo la pandemia ma se Pechino vuole uscire da questa situazione deve introdurre misure fiscali espansive credibili.
Tassi di finanziamento favorevoli nel mercato dei titoli di stato (il rendimento sul 10 anni è sceso a 1.60%) permetterebbero a Pechino di finanziare politiche più aggressive per stimolare l’economia.
La crescita dell'economia cinese, vista la debolezza dei consumi interni, è particolarmente legata alle esportazioni e ora dovrà affrontare le tariffe imposte dalla nuova amministrazione statunitense.
Il governo potrebbe mirare a indebolire il tasso di cambio per rendere le sue esportazioni più attraenti e per compensare parzialmente gli effetti delle tariffe statunitensi. Attualmente, lo yuan è al livello più basso degli ultimi due anni rispetto al dollaro.
Anche per quanto riguarda la Cina, valutazioni molto basse e un generale consenso negativo da parte degli investitori istituzionali, rendono il mercato molto sensibile a possibili notizie positive.
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